Prevenire l’epilessia – Un bersaglio importante della ricerca di base

Prevenire l’epilessia – Un bersaglio importante della ricerca di base

Autore: dott.ssa Annamaria Vezzani

Nata nel 1955 a Milano dove vive. È sposata dal 1981 con Maurizio d’Incalci.

Coordina come capo laboratorio un gruppo di ricercatori di 10 persone che comprende ricercatori, post-doc, PhD e borsisti facenti parte del laboratorio di Neurologia Sperimentale del Dip di Neuroscienze, all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri in Milano.

Formazione: Si è laureata in Scienze Biologiche nel 1978 presso l’Università Statale degli Studi a Milano e si è specializzata in neurofarmacologia nel 1981 all’Istituto Mario Negri. Ha svolto il suo post-doc all’Università del Maryland in Baltimora dal 1981 al 1983, per poi rientrare in Italia ed intraprendere la sua carriera scientifica di capo Unita’ e poi di capo Laboratorio presso l’Istituto Mario Negri. Ha trascorso brevi periodi come Visiting Scientist presso il Karolinska Institute a Stoccolma e l’Albert Einstein Medical College nel Bronx, New York.

Attività di ricerca:La sua attività di ricerca si focalizza sulla epilessia. Nel suo laboratorio vengono studiati i meccanismi biochimico-molecolari che sottendono la comparsa e ricorrenze delle convulsioni ed i fenomeni neurodegenerativi ad esse associati. Vengono inoltre valutate nuove strategie terapeutiche per il controllo delle crisi come la terapia genica in modelli sperimentali clinicamente rilevanti.


Gran parte della ricerca sperimentale negli ultimi 10 anni si e’ concentrata sullo studio dei meccanismi biologici che provocano la comparsa e la ricorrenza delle crisi con il principale scopo di aprire la strada a nuove prospettive terapeutiche attraverso la caratterizzazione di processi patologici che una volta bloccati possano risultare in una scomparsa o drastica riduzione delle crisi.
Prevenire l’epilessia, oltre che inibire le crisi una volta comparse, e’ infatti un bersaglio importante della ricerca di base. Se si riuscissero ad identificare i fattori che predispongono l’individuo alla comparsa di crisi spontanee che si manifestano ad esempio dopo un danno cerebrale acuto, si potrebbe intervenire negli individui a rischio per bloccare tali fattori deleteri.

Per affrontare questi aspetti, la ricerca sperimentale ha sviluppato nel corso degli anni dei modelli di epilessia che potessero riprodurre la patologia umana il piu’ fedelmente possibile. A questo riguardo hanno avuto particolare successo i modelli di epilessie sintomatiche, cioe’ conseguenti ad un danno cerebrale pregresso, come ad esempio un danno traumatico, ischemico, infettivo o la induzione di stato epilettico. L’utilizzo di questi modelli ha permesso di identificare dei processi patologici innescati nel cervello dal danno primario, che potrebbero essere implicati nello sviluppo del cosidetto processo di epilettogenesi. Con questo termine, si intende raggruppare quella sequenza di eventi neurobiologici che sottendono alla comparsa di crisi spontanee e quindi alla diagnosi di epilessia. Alcuni di questi eventi neurobiologici sono stati evidenziati in modelli sperimentali clinicamente rilevanti e corroborati da osservazioni cliniche ottenute con tecniche di immagine e attraverso lo studio dei reperti chirurgici di tessuti cerebrali asportati chirurgicamente in pazienti farmacoresistenti. Essi comprendono un continuum di alterazioni molecolari e cellulari indotte dal danno epilettogenico che spesso, ma non sempre, coinvolgono processi neurodegenerativi. Queste alterazioni risultano in modificazioni permanenti della funzionalita’ di specifici “network” neuronali determinando la formazione di un “focus” epilettogenico. Un altro approccio sperimentale utilizzato per capire quali siano i meccanismi che sottendono alla comparsa dell’epilessia, consiste nell’utilizzo di topi con mutazioni di geni che producono proteine con proprieta’ neuromodulatorie. Questi topi geneticamente modificati o con mutazioni spontanee, spesso mostrano crisi ricorrenti e talora questa scoperta e’ stata fortuita ma strumentale per scopi conoscitivi e per valutare nuovi approcci farmacologici.

I modelli sperimentali hanno permesso di dimostrare che le crisi, anche di breve durata, possono indurre fenomeni neurodegenerativi irreversibili e quindi provocare morte neuronale. L’estensione del danno indotto e’ generalmente determinata dalla durata e frequenza delle crisi e coinvolge le aree cerebrali sia di origine che generalizzazione delle convulsioni. Tuttavia studi farmacologici con farmaci neuroprotettivi indicano che la attenuazione del danno neuronale puo’ non essere sufficiente a prevenire la comparsa di epilessia, anche se puo’ determinare dei miglioramenti dei deficit cognitivi associati allo sviluppo di epilessia. Inoltre studi effettuati su modelli di convulsioni in animali giovani (nelle prime 2 settimane di vita postnatale) hanno mostrato che il fenomeno di epilettogenesi e lo sviluppo di epilessia si possono instaurare anche in assenza di danno neuronale.

Un danno epilettogenico e’ inequivocabilmente associato alla attivazione delle cellule delle glia che stabiliscono nel cervello rapporti sia di tipo trofico che funzionale con le cellule nervose. Significative modificazioni della funzionalita’ delle glia, che si associano ai fenomeni epilettici, includono una perdita della funzione di regolazione delle concentrazioni di sostanze neuroattive che possono contribuire ad aumentare l’eccitabilita’ dei neuroni e quindi precipitare le crisi. Infine, le cellule della glia producono vari mediatori dell’infiammazione sia dopo un evento epilettogenico che durante una crisi sia acuta che ricorrente, che possono a loro volta modificare le funzioni neuronali e contribuire alle crisi. Queste recenti scoperte potrebbero aprire nuove strategie terapeutiche volte a controllare le crisi antagonizzando questi processi infiammatori aberranti.

Un significativo contributo all’accrescimento delle conoscenze dei fenomeni di epilettogenesi richiede una collaborazione continua tra ricerca sperimentale e clinica. Cio’ permette di identificare quali siano gli aspetti clinici rilevanti da studiare nei modelli sperimentali e quali siano le caratteristiche salienti della patologia umana che vanno riprodotte nei modelli sperimentali al fine di renderli il piu’ possibile predittivi della efficacia clinica di nuovi trattamenti. Inoltre una ricerca di tipo traslazionale tra la ricerca di base e la clinica facilita la possibilita’ di utilizzare a fini di ricerca tessuto cerebrale ottenuto dopo resezione chirurgica del focus epilettico o campioni biologici (sangue o liquido cerebrospinale) di pazienti affetti da epilessia. La disponibilta’ di campioni biologici della patologia umana e’ di estrema importanza per convalidare i risultati degli studi sperimentali effettuati sui modelli, traendo vantaggio dalla possibilita’ di studiare nei modelli la fase di epilettogenesi che precede appunto la comparsa di epilessia. Molte delle alterazioni descritte nei modelli sperimentali sono state dimostrate nel tessuto epilettico umano, in particolare ottenuto da pazienti con epilessia del lobo temporale. E’ molto importante anche considerare gli effetti scatenati da un danno cerebrale o da una crisi che potenzialmente tentano di riparare e ripristinare le funzioni compromesse, al fine di potenziare questi meccanismi laddove ci sia una possibilita’ di intervento terapeutico.

Purtoppo fino ad ora nessuno dei farmaci anticonvulsivanti utilizzati nei modelli sperimentali e’ stato in grado di arrestare il processo di epilettogenesi in maniera convincente e quindi prevenire la comparsa delle crisi spontanee e ricorrenti. Tuttavia in alcuni casi, gli studi farmacologici hanno envidenziato una riduzione della frequenza delle crisi od un miglioramento delle funzioni cognitive compromesse. Esiste quindi la necessita’ di trovare nuovi approcci farmacologici che possano intervenire in maniera specifica con le modificazioni aberranti descritte durante la fase di epilettogenesi e valutarne gli effetti sulla comparsa di epilessia. I dati disponibili indicano comunque che il processo di epilettogenesi e’ un fenomeno multifattoriale quindi riconducibile a diverse modificazioni indotte dall’evento di danno primario. Laddove quindi la prevenzione di tale danno non sia stata possibile, un intervento tempestivo che possa interrompere la cascata di eventi deleteri potrebbe essere una strategia vincente. La sfida che rimane da vincere e’ quella di identificare a quale livello della catena di eventi intervenire per arrestare il processo patologico trovando adeguati approcci farmacologici che possano quindi avere un potenziale curativo e di prevenzione e non solo puramente sintomatico.

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