Epilessia: una finestra sulla coscienza
Autore: Prof. Andrea Cavanna
Pubblichiamo un articolo in esclusiva, del Prof. Andrea E. Cavanna MD PhD – Michael Trimble Neuropsychiatry Research Group, University of Birmingham and BSMHFT, Birmingham, UK- e -Sobell Department of Motor Neuroscience and Movement Disorders, Institute of Neurology and University College London, UK, in collaborazione col Prof. Andrea Nani – Michael Trimble Neuropsychiatry Research Group, University of Birmingham and BSMHFT, Birmingham, UK.
L’epilessia può essere definita una patologia della coscienza. ‘Coscienza’ è un termine assai ricco di significati ed è pertanto difficile darne una definizione univoca. In ambito scientifico, vi è consenso sulla possibilità di ricondurre la maggior parte delle varie definizioni di coscienza a un comune schema operativo, che si basa su un modello a due dimensioni (vedi Grafico) della coscienza..
La prima dimensione è quella quantitativa, che valuta il livello di coscienza attraverso la responsività del paziente durante l’attacco ed è comunemente utilizzato per quantificare lo stato di vigilanza, di allerta, di sonno, di coma etc. La seconda dimensione dello stato di coscienza si riferisce ai contenuti soggettivi durante la crisi: emozioni ictali come la paura, fenomeni allucinatori o dispercettivi e, più raramente, sensazione di stato sognante come descritto dallo scrittore russo Fjodor Dostoevskij, forse il più celebre paziente con epilessia.
All’interno di questo modello a due dimensioni è possibile posizionare qualunque modulazione fisiologica e patologica della coscienza, potendo questa essere descritta sempre in termini di riduzione/aumento del grado di vigilanza insieme alla presenza o assenza di specifici contenuti dell’esperienza.
L’epilessia, in particolare, è una delle patologie di maggiore interesse per lo studio dei meccanismi alla base dei diversi tipi di esperienza cosciente. Molte sue manifestazioni sono infatti correlate ad alterazioni della coscienza, così che una valutazione di tali alterazioni è fondamentale per la diagnosi e per la classificazione delle crisi epilettiche.
Tra le crisi epilettiche caratterizzate da specifiche alterazioni dello stato di coscienza vi sono le assenze, le crisi generalizzate e le crisi parziali complesse. Le crisi epilettiche generalizzate di piccolo male, o assenze, sono tipicamente di breve durata (5-10 secondi). Sono più frequenti tra i bambini e possono ripetersi anche decine di volte nell’arco di una giornata. Ciò può provocare notevole disagio, soprattutto in ambiente scolastico. Di norma il paziente, durante la crisi di assenza, mantiene uno sguardo fisso, non è in grado di rispondere a domande o comandi e, nel caso fosse impegnato in un movimento, si arresta.
Alcuni pazienti,tuttavia, mantengono la capacità di eseguire compiti ripetitivi e automatici, come tamburellare con un dito o persino suonare uno strumento come il violino se il passaggio musicale non è impegnativo.
Le crisi epilettiche generalizzate di grande male sono caratterizzate da episodi convulsivi spesso drammatici. Anche in questo caso il paziente non risponde né a domande né a comandi né ad altri stimoli e presenta amnesia sia per la durata della crisi che per il periodo immediatamente successivo. Lo stato di non rispondenza associato all’attività motoria dura tipicamente per 1-2 minuti circa.
Le crisi parziali complesse, infine, possono essere accompagnate o anticipate da fenomeni esperienziali, tali da comportare vere e proprie alterazioni dei contenuti di coscienza. Ciò avviene soprattutto nel caso in cui le crisi parziali complesse originano a livello del lobo temporale. Nel suo recente libro su ‘Epilessia e pregiudizio’, Enrico Richiardone riporta due esempi di fenomeni esperienziali in corso di crisi epilettiche, con connotati negativi e positivi. Il primo esempio è il resoconto di una crisi epilettica del già citato Dostoevskij, riferita dalla sua governante Sofia Kovaleskaya: “Ripresosi, mi dirà: ‘E io caddi. Il Paradiso è venuto giù sulla terra e io sono stato assorbito in esso’”. Il secondo esempio è tratto dalle pagine dello stesso Dostoevskij, che descrive un’estasi mistica in corso di aura epilettica che precede la perdita di coscienza nel protagonista del romanzo ‘L’idiota’, il principe Mishkin: “In quei momenti che avevano la durata dei lampi, il senso della vita e la coscienza di sé quasi si decuplicavano. Mente e cuore si illuminavano di una luce straordinaria; tutte le emozioni, tutti i dubbi sembravano placarsi di colpo e risolversi in una calma estrema, piena di serena armonia e di speranza, fino alla comprensione delle cause ultime”.
Negli ultimi anni, grazie alle ricerche basate sulle tecniche di neuroimmagine, insieme alle indagini neurofisiologiche e agli studi sui modelli animali, sta emergendo sempre più chiaramente come le crisi epilettiche possano coinvolgere le medesime aree cerebrali che sono interessate negli altri disturbi di alterazione della coscienza, come il coma e gli stati vegetativi. In futuro è pertanto logico aspettarsi che una conoscenza e una comprensione più approfondite dell’epilessia potrà condurci anche a una maggiore comprensione di come il cervello sia in grado di mantenere uno stato di vigilanza e di consapevolezza, cioè di essere, in una parola, cosciente. Inoltre, una maggiore comprensione dei meccanismi della coscienza non potrà che ripercuotersi positivamente sul benessere dei pazienti con epilessia, poiché proprio le alterazioni dello stato di coscienza costituiscono uno degli aspetti che influiscono maggiormente sulla qualità della loro vita. La compromissione del normale stato di coscienza in epilessia è infatti responsabile di gran parte della disabilità causata dall’epilessia (si pensi ai rischi legati alla guida), nonché storicamente fonte dello stigma e dei pregiudizi nei confronti dei pazienti epilettici, come esemplarmente illustrato nel volume di Enrico Richiardone. In questo modo, l’epilessia si configura come una finestra aperta sul mistero della coscienza, e i risultati delle sempre più sofisticate indagini su questo affascinante mistero hanno le potenzialità di migliorare la vita di milioni di pazienti.