Epilessia nell’anziano

Epilessia nell’anziano

Autore: Dott.ssa Lucina VIVALDA

Medico dal 1980, si è specializzata in Neurofisiopatologia presso l’Università degli Studi di Genova. E’ sposata con un collega ginecologo e madre di due ragazze di 21 e 18 anni. Si è occupata di epilessia fin dai primi anni di attività ed ha lavorato per 20 anni all’Ospedale Martini di Torino dove ha ricoperto l’incarico di Responsabile dell’Ambulatorio Epilessia. Dal 2002 lavora presso la Neurologia dell’Ospedale di Rivoli ove continua il suo impegno con i pazienti epilettici.


E’ opinione comune che l’epilessia sia una patologia ad esordio nell’età infantile o giovanile. In realtà circa il 30% dei nuovi casi si presenta in persone di età superiore a 65 anni. L’epilessia è per frequenza la terza condizione neurologica nella popolazione anziana dopo la demenza e le malattie vascolari. Poiché il numero di anziani sta aumentando anche l’osservazione di patologia comiziale (epilessia) in età senile è oggi estremamente frequente. Nonostante ciò persiste una certa difficoltà diagnostica che determina spesso un ritardo nel trattamento. Se l’epilessia è in tutte le età una patologia con ricadute negative e pesanti sulla vita quotidiana, nel paziente senile questa potrà determinare una riduzione dell’autonomia e la perdita di fiducia in se stessi per una serie di fattori quali la paura di cadute con traumatismo e potenziali fratture, gli stati confusionali anche prolungati che seguono gli episodi critici, la perdita della possibilità di usare l’auto, ecc. Pertanto è importante diagnosticare questa condizione anche perché fortunatamente l’epilessia senile è spesso trattabile con successo. Il ritardo nella diagnosi deriva dalla frequente confusione con altre cause di perdita di coscienza, in particolare la sincope o l’ipoglicemia, ma sicuramente l’errore diagnostico più comune è l’attribuire i sintomi critici a malattia vascolare. La sincope è particolarmente frequente nell’età senile, sia per un aumentato tono vagale (abbassamento di pressione per effetto del sistema neurovegetativo), sia per l’uso a volte improprio di farmaci ipotensivi o per la disidratazione correlata a particolari condizioni metaboliche, febbre, colpo di calore o ancora per patologia cardiaca. La perdita di conoscenza è di solito preceduta da malessere generale, sudorazione algida (fredda), pallore, cardiopalmo ed è caratterizzata da una perdita del tono muscolare e non da irrigidimento come è tipico delle crisi convulsive. Qualche volta ci può essere qualche scossa muscolare di breve durata. La sincope è molto comune durante la minzione o in luoghi caldi e affollati ed in posizione eretta. L’ipoglicemia che può manifestarsi nei diabetici occasionalmente, può essere di per sé causa di manifestazioni convulsive ma soprattutto provoca stato confusionale. Non vi sono mai movimenti ritmici degli arti. E’ facilmente diagnosticabile con l’esame della glicemia in urgenza anche per semplice puntura del polpastrello. E’ importante che il paziente diabetico abbia sempre un documento della propria patologia fra gli effetti personali. Per quanto riguarda le malattie vascolari è necessario ricordare che:

  • il termine TIA (attacco ischemico transitorio) forse oggi usato un po’ a sproposito per spiegare molti eventi, si può ipotizzare solo se siamo in presenza di un deficit transitorio (di solito qualche ora o anche meno) di una funzione neurologica, quindi la paralisi di un arto o di entrambi gli arti di un lato o un disturbo di parola (afasia) per cui il paziente non riesce a parlare o usa parole bizzarre, o ancora una cecità improvvisa. La vertigine o lo svenimento con caduta a terra violenta, o la confusione non sono dei TIA. Non è un TIA neanche il movimento ritmico e prolungato (clonie) di un arto, o di entrambi gli arti di un lato del corpo magari accompagnato da movimenti ritmici dei muscoli faciali. Questi sintomi sono invece tipici delle crisi epilettiche parziali.
  • il termine ICTUS significa un disturbo vascolare spesso grave causato dalla interruzione di flusso sanguigno in un territorio cerebrale per occlusione di un’arteria (ischemia) o per rottura dell’arteria (emorragia) che produce sintomi analoghi al TIA ma che non regrediscono così rapidamente. Il fatto che vi sia un disturbo della coscienza all’esordio può generare qualche confusione con le crisi convulsive. Tuttavia è molto facile che un paziente che ha avuto un ictus possa in seguito avere crisi epilettiche ma terminata la crisi le condizioni neurologiche non saranno mutate rispetto a prima dell’evento e la ripresa sarà rapida. La crisi epilettica non è un TIA né un nuovo episodio di ictus.

Un altro frequente errore di diagnosi si può verificare quando le crisi epilettiche si manifestano non come convulsione ma come assenza. Lo “stato di male assenza” o stato di male non convulsivo si caratterizza per la presenza di confusione e disturbi della parola anche senza movimenti stereotipati e può durare anche molte ore o giorni. Il paziente potrà essere ripetitivo e avere importante disturbo della memoria. In tutte le età della vita e quindi anche in età senile dobbiamo ricordare come l’abuso di alcolici o l’astinenza da alcolici in un forte bevitore possa essere la causa di crisi epilettiche anche ripetute. Nei pazienti affetti da demenza senile, specie nelle forme più giovanili e dopo qualche anno di malattia, si possono verificare anche frequentemente crisi epilettiche, sia convulsive che parziali In questa patologia e specie se siamo di fronte a una prima crisi in un paziente anziano (ma lo stesso vale per qualsiasi età della vita) l’aiuto maggiore al medico che deve porre la diagnosi viene dalla descrizione accurata dei testimoni della crisi. Infatti all’arrivo dell’ambulanza o quando il paziente giunge in ospedale l’evento di solito è terminato e abbiamo visto che i motivi di confusione sono molti. E’ importante fornire tutte le informazioni sui farmaci assunti, sugli esami effettuati, sulle malattie superate. Fondamentale sarà il descrivere se il paziente era in piedi o dormiva, se ha avvertito qualche sintomo, il colore della cute (durante la crisi convulsiva la cute diventa violacea) la presenza di movimenti stereotipati, mascella serrata, incontinenza sfinterica e così via. Sarà importante anche riferire se vi sono stati altri episodi analoghi anche molto tempo prima, infatti nell’anziano le crisi possono essere molto distanti fra loro. Ricordiamo che la crisi convulsiva è molto impressionante ma se il paziente non è in condizioni di pericolo non bisogna cercare di fermarla e tanto meno bisogna mettere qualcosa in bocca perché questo non facilita ma impedisce la respirazione, che riprende regolarmente da sola dopo pochi minuti. Per quanto riguarda le indagini diagnostiche è importante effettuare una TAC specialmente se vi è stato trauma cranico o se il paziente assume farmaci anticoagulanti per verificare la presenza di emorragia, ma sarà il neurologo a stabilire se l’esame è indispensabile. L’elettroencefalogramma viene spesso richiesto ma non sempre aiuta nella diagnosi in quanto può essere normale in presenza di crisi o al contrario evidenziare alterazioni dubbie anche in assenza di patologia epilettica. Importante è la ricerca di alterazioni degli esami del sangue. Anche se le crisi sono rare può essere indicata una terapia per evitare il rischio di danni alla persona. Solitamente il paziente anziano assume già altri 2 o 3 farmaci e può non accettare la proposta di una ulteriore terapia. Inoltre bisogna prestare particolare attenzione alle interferenze fra i farmaci antiepilettici e gli altri trattamenti. In genere però possono bastare dosi più basse di antiepilettici rispetto al giovane per le differenze nel metabolismo e l’iniziare con piccole dosi può minimizzare gli effetti collaterali. Non esiste un farmaco specifico per l’età senile ma si dovrà compiere la scelta tenendo conto di molteplici fattori, non ultimo la semplicità di somministrazione. In conclusione la patologia epilettica nel paziente anziano presenta aspetti peculiari e spesso qualche difficoltà diagnostica. E’ importante per il geriatra o il neurologo, ma anche per il medico di base considerare le variabili manifestazioni cliniche della patologia, tener conto dell’incidenza elevata e conoscere le implicazioni del trattamento in questa particolare fascia di età.

Condividi questo post